1. È nullo qualsiasi provvedimento o patto a carattere discriminatorio che produce o può produrre un effetto pregiudizievole discriminando, anche in via indiretta, la lavoratrice e il lavoratore a causa:
a) del sesso, dei comportamenti e degli orientamenti sessuali, della razza o dell'etnia, della nazionalità, della lingua, delle opinioni politiche, della religione, dell'età ovvero delle condizioni personali, sociali, di disabilità o di salute;
b) delle opinioni sindacali ovvero dell'affiliazione o dell'attività sindacale.
2. Costituiscono discriminazione diretta o indiretta anche le molestie sessuali e i comportamenti persecutori che, esplicitamente o implicitamente, direttamente o indirettamente, sono accompagnati da minacce o ricatti da parte del datore di lavoro, dei superiori o dei colleghi di lavoro, del committente nei rapporti di lavoro di cui al capo III, del formatore, del tutore e del selezionatore, in relazione alla costituzione, all'assunzione e all'attribuzione di un lavoro o di un incarico, alla conservazione, alla modificazione, alla retribuzione o al compenso, alla formazione professionale e alla cessazione del rapporto di lavoro o dell'incarico.
3. Trovano applicazione, in quanto compatibili con la natura del rapporto e con le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, le disposizioni vigenti in materia di parità di trattamento e di divieto di discriminazione diretta e indiretta.
4. Il divieto di discriminazione non osta al mantenimento o all'adozione di azioni positive dirette a evitare o a compensare svantaggi con finalità di riequilibrio del gruppo sottorappresentato.